[…] gli obiettivi di partecipazione, crescita personale e prestazione, sono obiettivi che ogni organizzazione sportiva e ogni sci club si pongono; semmai il discrimine è tra quanti assumo questa triade in modo consapevole e la traducono in obiettivi e azioni, e chi al contrario persegue queste stesse finalità in modo empirico.
Tuttavia la natura conflittuale di alcuni obiettivi può bene non renderli perseguibili all’interno di un unico programma; ragione per cui questi obiettivi dovrebbero essere posti all’interno di programmi diversi.
Questo significa che ogni sci club ha o dovrebbe avere una propria vocazione e una conseguente collocazione di mercato, rivolgendosi allo sviluppo dell’élite, piuttosto che a finalità di partecipazione e di crescita personale.
In questo senso andrebbero ridefinite “graduatoria di merito” delle società italiane, almeno per i club civili, individuando altri parametri di valutazione che includano finalità educative e obiettivi didattico-formativi.
In un precedente articolo – al quale rimando https://enricoclementi.it/sci-alpino-e-allenamento-emotivo-nelle-categorie-baby-e-cuccioli-indicazioni-e-note-operative/ – ho definito perché sia importante un lavoro di ALFABETIZZAZIONE EMOTIVA diffuso nelle categorie giovanili, in specie in riferimento alle categorie Baby e Cuccioli.
Ho raccontato come, per queste categorie, stia definendo strumenti e sussidi didattici, con il fine di favorire, in ambiente “protetto”, la conoscenza e l’espressione di determinate emozioni: giochi per l’allenamento emotivo di I° livello; storie emozionali; schede delle famiglie emozionali e altri.
Come abbiamo detto, i bimbi di 6, 9, 12 anni (ma anche i più grandi) sperimentano per la prima volta, o per le prime volte, determinante emozioni e reazioni emotive, che non sanno bene come interpretare e gestire.
L’ambiente familiare dal quale provengono, in fondo, è un ambiente in genere permissivo, dove al piccolo non sono richieste particolari abilità adattive: sovente è più il genitore che mette in campo risorse per superare un conflitto o per facilitare al bimbo il superamento di una difficoltà emotiva.
Già a scuola, e ancora di più in ambiente sportivo e in uno sci club, le cose sono completamente diverse e questo ausilio esterno può esserci, ma può anche non arrivare ed è il bambino stesso a dover affinare strumenti almeno in due direzioni:
- intrapersonale (lettura e gestione dei vissuti interni), ed
- interpersonale (lettura e gestione delle dinamiche esterne).
Il mentale nello sci alpino, quindi, almeno in una fase di alfabetizzazione, crescita, consolidamento delle abilità attitudinali, non è da intendersi in senso prestativo; salvo poter intendere la prestazione come risultante di una serie di abilità acquisite, che, oltre a quelle specifiche (hard skills), ne prevede altre, generalmente indicate come soft skills, o life skills, o character skills, o coping skills.
[…]
Attualmente queste abilità trasversali sono demandate al caso e semmai perseguite empiricamente e a partire dal lavoro sul campo: il bimbo o il giovane atleta sono in allenamento o in situazione di gara e il contesto, in qualche modo, impone loro degli adattamenti che non sono solamente tecnico-disciplinari, ma appunto anche cognitivi ed emotivi.
Premesso che questo è assolutamente adeguato e che è corretto pensare alla pratica dello sci alpino come strumento (anche) di crescita personale, quello che metto in discussione è che il mentale sia gestito in modo irriflesso: le cose funzionano o non funzionano, sul piano delle abilità emotive, se l’atleta ha “di suo” determinati strumenti o, come si dice in gergo, ha testa, ha motore.
C’è una contraddizione di fondo tra questo atteggiamento e l’affermare – come ogni tecnico, a ragione, sostiene – che nell’alto livello la differenza la fa la testa!; oppure che lo sci è espressione del carattere!; o ancora che discipline diverse, richiedono caratteristiche e attitudini mentali diverse.
Il carattere, così come le attitudini o le risposte adattive all’ambiente, sono aspetti che “si lavorano”, non diversamente dal riconoscimento delle emozioni, degli stati d’animo, del tono emotivo che ci caratterizza e dalla loro gestione. Gestione che non significa sedazione delle emozioni, ma utilizzo conveniente delle stesse in funzione di variabili di contesto; ovvero la capacità di fornire risposte non casuali ma organizzate alle difficoltà di contesto.
[…]
Il mentale, quindi, ricomprende non solo o non tanto tecniche per facilitare l’allineamento della prestazione reale con quella potenziale (semmai questo è il fine!), ma abilità fini che riguardano la conoscenza di sé, dell’altro, delle caratteristiche di contesto, delle richieste ambientali e altre definite come strategiche. Cfr. art. indicato.
Da quanto detto finora abbiamo derivato dei punti fermi che riprendo in conclusione per avere tutti noi chiara visione:
- del rapporto tra componente mentale e fattori prestativi nello sci alpino;
- del corretto modo di gestire, sul piano educativo e come tecnici, l’alfabetizzazione mentale dell’atleta, o del giovane atleta, o del bambino: di fatto non è una questione anagrafica che ci rende competenti o incompetenti emotivamente;
- degli strumenti, dei programmi, dei metodi, dei modelli o degli approcci che, a seconda degli obiettivi, saranno per noi meglio profilati.
Questi punti fermi, che esprimo in modo didascalico solo per ragioni di brevità e sui quali, come evidente, possiamo ancora ragionare e implementare, sono i seguenti:
- Il mentale, nello sci alpino, non è da intendersi in senso prestativo; salvo poter intendere la prestazione come risultante di una serie di abilità acquisite.
Questo significa che il mentale, nello sci alpino, non va inteso in modo discrezionale (ci si rivolge al mental coach o allo psicologo dello sport quando le cose non funzionano), ma come attività sistematica e diffusa.
- Il carattere, così come le attitudini o le risposte adattive all’ambiente, sono aspetti che sia allenano, non diversamente dal riconoscimento delle emozioni, degli stati d’animo, del tono emotivo che ci caratterizza e dalla loro gestione.
Questo significa, per fare un esempio, che non tutti siamo competitivi, o resilienti, o perseveranti, o capaci di focalizzare ecc., ma la competitività, la perseveranza, la capacità di gestire la frustrazione, di focalizzare si possono allenare. E si debbono allenare non in modo discrezionale, sporatico, ma sistematico.
- Approcci al mentale, metodologie, modelli, pratiche di allenamento, sono in qualche modo tutti validi e tutti relativi; tanto da poter indicare un approccio integrato, critico, flessibile, dinamico e in divenire come il migliore degli approcci possibili.
Lo sci alpino – come detto in molte occasioni – è un apprendimento e al pari di ogni apprendimento è cosa complessa e perché tale, l’approccio ad esso non può che essere “per approssimazione”, asintotico.