Ripensare il sociale, tra risorse istituzionali e welfare di prossimità

[…] Ci sembra anacronistico oggi declinare il welfare riproponendo distinzioni rigide tra profit e non profit, pubblico e privato, istituzioni e cittadini, beneficiari ed erogatori di servizi.

– E. Clementi

Nel dibattito sul welfare sono molte le tematiche che oggi, a fronte di una serie di cambiamenti sociali ed economici, le amministrazioni si trovano a considerare.

Tuttavia, potremmo dire che il cuore di queste tematiche è non solo l’ottimizzazione delle risorse, materiali e immateriali, ma anche la sostenibilità nel tempo delle azioni e la loro replicabilità.

Si è passati quindi da una nozione di welfare molto generale, in riferimento ad iniziative finalizzate a garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini, a nozioni più specifiche di welfare, parlando di “welfare di prossimità” e di “welfare generativo”.

Nei Nostri programmi abbiamo bene chiari questi mutamenti e le istanze alla loro base, come sono allo studio misure e strumenti per l’innovazione sociale, che in questa sede non è possibile approfondire; segnaliamo tra questi gli strumenti di pay by result, come obbligazioni già sperimentate nel Regno Unito, che iniziano ad essere osservate con crescente interesse nel nostro Paese.

Abbiamo fatto riferimento sopra, per inciso, anche alle risorse “immateriale”, che sono il cuore pulsante della Città che viviamo e che ricomprendono il mondo delle professioni, quello delle imprese, gli organismi di promozione sociale, i gruppi di cittadini ecc.

Ci sembra anacronistico oggi, per le ragioni di cui sopra, declinare il welfare riproponendo distinzioni rigide tra profit e non profit, pubblico e privato, istituzioni e cittadini, beneficiari di servizi ed erogatori di servizi.

Pur nel riconoscere e nel rispettare ruoli sociali, funzioni, identità, crediamo in un welfare “di vicinanza” incentrato sull’ascolto, la relazione, la valorizzazione delle competenze, il co-protagonismo nella costruzione delle risposte ai bisogni; co-protagonismo che, come già evidenziato, prevede, sia sul piano gestionale che su quello dell’innovazione, il coinvolgimento di attori diversi.

È evidente che il Terzo Settore tutto, proprio perché variegato (ricomprende fondazioni, cooperative sociali, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti religiosi civilmente riconosciuti ecc.), sia una risorsa per il territorio e che alcune imprese sociali abbiano dato un potente impulso a settori strategici per la nostra economia.

Realizzare interventi di prossimità è ben lontano dal fornire prestazioni e richiede un confronto oculato, consapevole ma coraggioso con un cambio di paradigma, che investe a più livelli i soggetti che vi partecipano.

Le parole chiave di questo modello politico sono “relazione”, “integrazione”, “ibridazione”, “comunità”, “sociale” come aree di riferimento; e “coinvolgimento”, “conoscenza”, “partecipazione”, “studio”, “ricerca”, come modalità d’azione.