Processare la velocità: il mentale nello sci alpino secondo Shiffrin

Processare la velocità: il mentale nello sci alpino secondo Shiffrin

Processare la velocità: il mentale nello sci alpino secondo Shiffrin

di Enrico Clementi

Introduzione

Nel mondo dello sci alpino non esiste un unico modello per intendere il “mentale” in gara. Ogni atleta ha una propria traiettoria, una via d’accesso alla prestazione che rispecchia la sua singolarità. Per questo motivo, anziché adottare schemi rigidi o metodologie universali, è più utile considerare un approccio flessibile e contestuale. Non esistono strutture di personalità “sbagliate”, ma atteggiamenti che, a seconda della fase del percorso di un atleta, possono risultare più o meno funzionali.

Un aspetto chiave nella costruzione della performance è il modo in cui un atleta elabora le proprie percezioni e le trasforma in azioni efficaci. Mikaela Shiffrin, con la sua eccezionale capacità di introspezione e di adattamento, offre un caso di studio illuminante su questo processo.

Il ruolo della confusione e dell’incertezza

Nel precedente articolo, scritto con Claudio Ravetto https://enricoclementi.it/oltre-la-paura-strategie-cognitive-e-tecniche-di-esposizione-alle-emozioni-nello-sci-alpino/ si era già esplorata la funzione della paura e degli stati di confusione nel processo di apprendimento e nell’integrazione delle esperienze negative. Questo concetto si lega strettamente alle recenti dichiarazioni della Shiffrin, la quale, a proposito delle sue difficoltà nel gigante, afferma di non provare paura in senso stretto (come abbiamo sentito scandire nei media da alcuni commentatori), ma, più sottilmente, di avere problemi nel processare la velocità della disciplina.

La confusione non è quindi un limite, ma un segnale di riorganizzazione mentale. Essa indica che l’atleta sta cercando nuovi punti di riferimento e strategie per gestire il carico di informazioni. Questo aspetto emerge chiaramente nelle dichiarazioni della Shiffrin, che descrive la sua difficoltà nel gigante non come un deficit tecnico, ma come un problema legato alla “elaborazione” del gesto tecnico e della velocità.

Il fattore tempo e il processo di elaborazione

Un elemento ricorrente nelle interviste alla Shiffrin è la nozione di tempo: il tempo di reazione, il tempo di latenza, il tempo necessario per assimilare le informazioni. Nel contesto dello sci alpino, dove ogni frazione di secondo conta, l’elaborazione delle informazioni deve essere incredibilmente rapida.

La Shiffrin sottolinea come, nel gigante, la sua principale difficoltà non sia tanto la tecnica quanto la “capacita attuale di elaborare la velocità di un percorso di gara o del gesto di curva”. Questa prospettiva si avvicina molto al concetto di “processamento delle informazioni” tipico delle neuroscienze cognitive, che descrive il modo in cui il cervello integra input sensoriali per prendere decisioni rapide ed efficaci.

La vittoria nello slalom di Sestriere: il percorso di “accettazione e impegno”

Se nel gigante la Shiffrin si trova in una fase di incertezza, nello slalom di Sestriere ha mostrato ancora una volta la sua capacità di gestire mentalmente le difficoltà, conquistando la vittoria numero 100 in carriera. Tuttavia, questa vittoria non è stata il frutto di una semplice “rinascita” immediata, ma il risultato di un processo mentale complesso, iniziato proprio con l’accettazione della propria condizione attuale.

Come lei stessa afferma: “Ora in gigante lotto per fare punti […] devo accettarlo fino a fine stagione” – l’’intervista di Eurosport al link https://www.eurosport.it/sci-alpino/sestriere/2024-2025/shiffrin-confusa-ora-in-gigante-lotto-per-fare-punti-ma-devo-accettarlo-fino-a-fine-stagione_vid2326590/video.shtml

“Posso provare a restare nelle top 30 nel gigante” – dice ancora l’atleta – che è uno condizione molto diversa mentalmente e tatticamente dal lottare per il podio. Nello stesso passaggio fa riferimento all’obiettivo di esprimere il suo potenziale [nel gigante] non assoluto, ma attuale (!).

Questo atteggiamento dimostra una grande flessibilità mentale, ma anche una grande capacità di gestire in modo strategico la frustrazione, in vista di obiettivi di là da venire nel gigante. E un approccio basato sull’accettazione (secondo i modi dell’Acceptance and Commitment), che invita a riconoscere i propri stati interni senza combatterli inutilmente, ma anzi lavorando con essi in modo funzionale. “È difficile sapere cosa fare per migliorare ancora”, ma è una fase da accettare, a prescindere dal grado di soddisfazione.

La percezione incarnata: introspezione e embodiment

Un aspetto distintivo della Shiffrin è la sua capacità introspettiva, che non si limita a un’analisi razionale, ma si manifesta come un vero e proprio “embodiment”, un’incarnazione delle sue sensazioni fisiche e percettive.

Nelle interviste si prende il tempo di ascoltarsi, senza riempire momenti di silenzio, d’incertezza, e senza risposte affrettate. Dichiara di essersi sentita “disconnessa” dalla realtà e da come cerca di sentirsi sugli sci. Questo fenomeno evidenzia il divario tra la percezione interna dell’atleta e il risultato oggettivo della sua prestazione.

La distanza tra allenamento e gara è un altro tema cruciale: l’atleta descrive la gara come “il passo successivo” dell’allenamento, e il risultato cronometrico (fosse anche di 5 s. dalle migliori, dice l’atleta) non è che “un piccolo dettaglio di un processo che debbo elaborare”.

Strategie mentali e flessibilità cognitiva

Affrontare situazioni di incertezza non è una novità per la Shiffrin. Dal lutto per la morte del padre nel 2020 al ritorno alle competizioni nel 2021, il suo percorso dimostra che la gestione della complessità mentale non si limita alle strategie di gara, ma tocca aspetti profondamente esistenziali.

Un elemento fondamentale che emerge nelle sue dichiarazioni è il concetto di strategia: “C’è una strategia dietro le gare di sci. Quindi questo è un equilibrio per capire cosa sto pensando, cosa sto provando”. Questo contraddice l’idea diffusa secondo cui gli atleti dovrebbero “smettere di pensare e buttarsi”. Al contrario, Shiffrin dimostra come la consapevolezza e la gestione attiva del pensiero siano essenziali per la performance.

Un aspetto importante – dice Shiffrin – è l’aver sentito di “spingere fuori dal cancelletto”, rispetto al “non gareggiare affatto.” E per un atleta abituato a puntare alla top 10, top 5, al podio, “non sembra un passo così grande come in realtà è.”

Un altro aspetto chiave è il focus sulla progressione graduale. Per lo slalom del giorno successivo, il suo obiettivo non è generico, ma articolato in piccoli passi: “portare intensità, ad esempio potenza nelle curve”, mantenendo pulizia nel gesto tecnico. Tuttavia, evidenzia un problema fondamentale: la difficoltà di colmare il divario tra la “sensazione” interna e la realtà della prestazione. Questo mostra quanto la percezione sia un processo complesso, anche in qualche modo “ingannevole”, non una semplice registrazione di informazioni.

Conclusioni

Il percorso mentale di Mikaela Shiffrin evidenzia come la confusione, l’incertezza e l’elaborazione delle percezioni siano elementi imprescindibili nel processo di adattamento e miglioramento della performance. Il suo approccio si basa su una profonda capacità introspettiva, un’accettazione attiva delle difficoltà e un costante lavoro sulla flessibilità cognitiva.

La sua esperienza ci insegna che l’eccellenza non è solo il frutto di una tecnica impeccabile, ma anche di una continua elaborazione mentale, in cui la percezione gioca un ruolo determinante. Shiffrin non smette di “processare” la realtà, e proprio questa attitudine potrebbe essere la chiave della sua longevità agonistica e del suo successo duraturo.

Il percorso d’un atleta non è lineare, ma sinusoidale, con momenti di picco e fasi di difficoltà. Analizzare le dichiarazioni degli atleti vincenti aiuta a comprendere che il successo non è frutto del solo talento, ma di un processo costante di adattamento e apprendimento. La vittoria o una continuità ritrovata vanno sempre viste in relazione al loro correlato, ossia la sconfitta e la discontinuità.

Soprattutto per gli atleti in formazione, è utile sviluppare una mentalità analitica e processuale, non solo accettando, ma in quale modo “normalizzando” le fasi di difficoltà come tappe necessarie al miglioramento. L’autoanalisi e l’osservazione critica delle proprie prestazioni sono strumenti fondamentali per la crescita sportiva e personale.

Parole chiave: confusione, incertezza, introspezione, elaborazione/processo, latenza, obiettivi, percezione (vs. sensazioni), risultato, prestazione, accettazione, strategia, impegno