Perché un approccio educativo allo sport? Una prospettiva antropologico-pedagogica

La domanda sul “perché un approccio educativo allo sport”, è sottesa a domande più generali (e di non semplice risposta) sul perché l’educazione appartenga alle premesse imprescindibili dell’esistenza umana.

Potremmo anche domandarci: perché non vi sono né culture né società che non si avvalgano di relazioni in qualche modo educative? Perché ci sono, da un punto di vista storico e di comparazione culturale, differenze così grandi in ciò che si intende per “educazione”? che cos’è, da ultimo, l’educazione?

Lo sport, al pari di altre attività espressive dell’uomo, è un apprendimento. Gli apprendimenti, a loro volta, necessitano di modi, luoghi, forme e tempi per essere assimilati.

In questo senso, l’educazione è una condizione antropologica di base per l’uomo e che riguarda ogni genere di acquisizione, sia essa culturale, sociale, professionale, ludica o d’altro genere.

L’apprendimento ha luogo per il fatto che gli uomini nascono, crescono e muoiono, per il fatto che essi vivono all’interno di rapporti generazionali e che la storia umana si può concepire come un succedersi di rapporti generazionali.

Schleiermacher, uno dei fondatori dell’ermeneutica del XIX secolo, ha visto questo rapporto ed ha indicato come domanda fondamentale dell’educazione: Che cosa vuole fare la generazione più vecchia di quella più giovane?.

Secondo questa visione, l’educazione è legata al rapporto generazionale e al fatto che l’uomo – appunto – è un essere “generato”: l’educazione è costitutiva del rapporto tra la generazione adulta e quella successiva.

Ciò comporta che il rapporto educativo è diseguale: è il rapporto del più vecchio con il più giovane, del più esperto con il meno esperto. In esso è implicita una asimmetria di rapporto non sufficientemente esplicita e tematizzata.

Il rapporto generazionale è un rapporto che è (o dovrebbe essere!) non solo tecnicistico, ovvero connesso alla sola trasmissione di saperi, ma “affettivo” e nel quale ha luogo una relazione esistenziale tra adulti e giovani, o tra adulto e altro adulto.

Queste riflessioni si fondano su due premesse, che sono sempre state sottolineate dall’antropologia pedagogica: l’uomo è homo educandus e al contempo homo educabilis. Il concetto di homo educandus rimanda alla necessità antropologica dell’educazione (rapporto generazionale e trasmissione del sapere), alla quale sì è appena accennato, mentre il concetto di homo educabilis rimanda alla plasmabilità dell’uomo, alla sua “perfettibilità”.

È da questa nozione che deriva il principio di educabilità, che suggerisce l’idea di una zona prossimale o distale di aumento delle conoscenze, delle competenze, delle abilità pratiche soggettive

La necessità antropologica dell’educazione è legata a tre condizioni biologiche dell’uomo:

  • la prima è la nascita prematura dell’uomo. L’uomo, rispetto ad altri primati, che vengono al mondo già formati dal punto di vista fisiologico, nasce in uno stato embrionale; nell’uomo perciò molti dei primi stadi dello sviluppo hanno luogo al di fuori dell’utero, nel primo anno di vita, così importante per l’ontogenesi; ciò significa che già il bambino piccolo è destinato (potremmo dire obbligato!) ad imparare, per poter vivere.
  • la seconda è il fatto che l’uomo è dotato di istinti in modo residuale. Ciò costituisce la premessa al fatto che gli uomini, a differenza degli animali, non sono legati dai loro istinti ad un ambiente tipico della loro specie, ma hanno un “mondo” nel quale orientarsi e vivere (Max Scheler).
  • la terza condizione biologica è lo iato tra stimolo e risposta. È una conseguenza della dotazione solo residuale degli istinti e comporta che gli uomini abbiano la possibilità di reagire agli stimoli in modi diversi: mentre nell’animale la relazione stimolo-risposta è stabilita geneticamente, l’uomo ha la possibilità di gestire in qualche modo gli stimoli e agire in modo differenziato.

Che cosa però si debba intendere con educazione e formazione nei singoli periodi storici, su questo la biologia e le scienze umanistiche non fanno alcuna affermazione, se non anamnesi storica.

Esse chiariscono solamente la necessità universale dell’educazione e della formazione. Per diventare adatti alla vita, gli uomini devono essere educati. Per essere educati essi devono essere educabili: homo educandus e homo educabilis sono due aspetti, intimamente connessi, del miraggio della perfettibilità dell’uomo.