di Enrico Clementi e Claudio Ravetto
1. Introduzione
Le emozioni sono improvvise, inevitabili e – se non pervasive – di breve durata. Come altre (rabbia, gioia, sorpresa, disgusto ecc.) la paura è un’emozione universale con una funzione adattiva: protegge l’individuo di fronte a un pericolo reale o percepito.
Tuttavia, nello sci alpino, questa risposta istintiva può rappresentare un ostacolo alla performance. Il timore della pendenza, della velocità o della perdita di controllo, dell’infortunio, induce atteggiamenti difensivi che contrastano con le necessità tecniche di questo sport.
L’obiettivo di questo articolo è esplorare come la paura possa essere integrata, e trasformata in un alleato attraverso strategie cognitive, tecniche di esposizione e un approccio consapevole all’apprendimento motorio.
2. La paura nello sci alpino: tra biomeccanica e psicologia
Difesa vs. Attacco
La paura induce istintivamente un atteggiamento di difesa: il corpo si irrigidisce, il baricentro arretra, lo sguardo cerca punti di riferimento prossimi. Tuttavia, nello sci alpino, l’efficacia tecnica impone l’opposto: è necessario avanzare, cercare la pendenza, mantenere un certo ritmo e fluidità del gesto.
Tendenzialmente, se siamo in movimento su un terreno ripido, tendiamo ad aggrapparci “a monte”, mentre nello sci la strategia tecnica impone l’opposto: l’atleta deve cercare la pendenza, mentre l’istinto di conservazione gli suggerisce il contrario. Questo contrasto tra istinto naturale e necessità sportiva rappresenta una delle principali sfide per gli atleti, anche evoluti, facendo dello sci alpino uno sport controintuitivo.
Il concetto di limite
Il concetto di limite racchiude due significati: può essere un confine che restringe o una soglia che apre nuove possibilità. Nello sci alpino, spingersi al limite senza superarlo è la chiave per l’eccellenza. La paura gioca un ruolo cruciale: il riflesso di difesa frena, mentre quello d’attacco spinge oltre i propri limiti. La reazione di attacco e fuga è riconosciuta come uno stadio della sindrome generale di adattamento che regola le reazioni allo stress nei vertebrati e in altri organismi.
Per cui, sia che l’atleta attacchi, sia che si difenda e non sia competitivo (indirettamente una forma di evitamento al confronto, una fuga), egli agisce un adattamento su base chimica che ha la funzione primaria di preservarne l’incolumità.
La percezione soggettiva delle proprie capacità diventa decisiva. L’atleta deve confrontare le sue capacità reali con quelle ideali, poiché la discrepanza tra le due definisce la sua effettiva capacità d’azione. Ogni fallimento o successo rappresenta un’opportunità di verifica e ridefinizione del proprio potenziale, segnando il confronto diretto con la realtà e il percorso di crescita nella performance sportiva.
Ricerca del limite, gestione del rischio e paura
Nel contesto dello sci alpino, il calendario gare impone sfide e rischi che non sempre possono essere affrontati essendo completamente in fiducia. L’atleta deve quindi convivere con variabili incerte, imparando a fidarsi di sé stesso anche quando la sua autoefficacia percepita vacilla.
Un esempio significativo è l’intervista di Mikaela Shiffrin a Eurosport dopo l’oro nella combinata, in cui descrive lo stato d’incertezza emotiva in cui un atleta deve orientarsi. Shiffrin si distingue, anche in altri momenti di difficoltà già attraversati, perché non incarna la retorica della resilienza ad oltranza, spesso abusata nello sci alpino, ma offre una prospettiva autentica sulle funzioni della paura nella gestione del limite.
Approfondiremo più avanti il ruolo della confusione come strumento positivo per l’apprendimento e la sedimentazione emotiva nei contesti complessi.
Il controintuitivo come sfida cognitiva
Molte strategie efficaci nello sci appaiono inizialmente non immediate e quindi controintuitive. Ad esempio, di fronte a una discesa ripida, il principiante tende ad aggrapparsi a monte, mentre la tecnica corretta richiede di spostare il peso a valle. Questo tipo di apprendimento implica la necessità di destrutturare schemi automatici e ricostruirli attraverso l’esperienza. Nell’atleta evoluto l’atteggiamento difensivo è meno evidente, ma comunque presente.
Dire che lo sci alpino è controintuitivo, equivale a dire che non rispecchia i procedimenti logici della comprensione, e che per questo fa saltare gli schemi d’apprendimento lineari. Un certo adattamento, una certa soluzione tecnica, non sono mai appresi in modo stabile: per questo la continuità di risultato è un obiettivo tanto ambito, quanto sfuggente.
Neuroscienze della paura
Quelli linguistici sono dei costrutti che servono ad intenderci, ma che hanno un ordine più o meno saldo e funzionale. È bene esserne consapevoli, per evitare di “fissare” l’atleta in caratteristiche che invece sono assolutamente dinamiche. Il nostro pensiero è duale e tra paura e coraggio, attacco e fuga, offensività e difesa, osare ed esitare/temere ci sono infiniti possibili: lo sci è controintuitivo, ma non illogico.
Facciamo notare, per inciso, che mentre la paura appartiene alle emozioni primarie (insieme a rabbia, tristezza, disgusto ecc.), il coraggio non vi appartiene, ed è quindi qualche cosa di “secondario” e appreso.
Sul piano del linguaggio il cervello ha difficoltà a processare la negazione. E dire “non frenare”, “non irrigidirti”, “non arretrare”, “non stare sull’interno”, “non ruotare”, “non perdere le code” ecc. può portare l’atleta ad atteggiamenti diametralmente opposti, aumentando l’inefficacia e amplificando il senso d’insicurezza e paura. Non si può “non avere paura”, ossia vincere la paura attraverso un meccanismo di negazione della paura, ma, come nel caso della Shiffrin, è possibile essere performanti riconoscendo fattori o vissuti di fragilità. Quindi, con uno slogan, non atleti antifragili ma “diversamente fragili”.
3. Strategie per gestire la paura.
Vivere la paura piuttosto che negarla
Anziché combattere la paura, gli atleti possono imparare a riconoscerla e integrarla nella propria esperienza sportiva. Accettare la paura permette di eludere meccanismi di evitamento che limitano la crescita globale, ma anche tutela il percorso dell’atleta, richiamando abilità metacognitive di tipo introspettivo, attentivo, valutativo, strategico, di controllo dei processi.
Tecniche di esposizione
L’esposizione alla paura è una delle strategie più efficaci per ridurre l’ansia e migliorare il senso di autoefficacia e la solidità in pista. Le principali tecniche includono:
- Esposizione graduata: affrontare progressivamente situazioni ansiogene, partendo da livelli più gestibili fino a condizioni più impegnative.
- Esposizione non graduata (flooding): immersione diretta in situazioni di alta intensità per ridurre rapidamente la risposta ansiosa.
- Esposizione enterocettiva: simulare i sintomi fisiologici dell’ansia in condizioni controllate per abituarsi alle sensazioni corporee associate alla paura.
- Uso della realtà virtuale (VR): tecnologia emergente per creare ambienti sicuri in cui allenarsi mentalmente ad affrontare prestazioni complesse.
L’esposizione allo stimolo è fondamentale affinché l’atleta impari a bilanciare comfort e discomfort, gratificazione e frustrazione. Affrontare situazioni nuove e sfidanti con un sovraccarico emotivo ponderato, permette di mantenere un atteggiamento esplorativo e di crescita. Un eccesso di difficoltà può generare ansia e blocchi, mentre un eccesso di sicurezza riduce l’adattamento e l’apprendimento. Il giusto equilibrio tra momenti di agio e situazioni frustranti permette di sviluppare una fiducia solida e realistica nelle proprie capacità.
4. Emozioni e apprendimento: il ruolo dell’incertezza
Confusione benefica e apprendimento motorio
Sensazioni o vissuti negativi, come ansia o paura, non sono necessariamente disfunzionali alla prestazione. Secondo alcune ricerche (D’Mello et al., 2012), l’incertezza, il senso di vulnerabilità e la confusione ad esse legato possono favorire l’apprendimento, soprattutto in contesti complessi come lo sci alpino. Dove equilibri prestativi vanno ricercati su piani distinti (mente, corpo, ambiente, tecnologie) ma complementari. Affrontare situazioni ambigue stimola l’adattamento e la ricerca attiva di soluzioni efficaci, rafforzandone l’acquisizione.
La trappola della fantasia positiva
Immaginare solo gli esiti positivi può ridurre la motivazione, poiché il cervello, percependo il successo come prossimo, riduce l’impegno attivo. Bilanciare visualizzazione o verbalizzazione positiva (self-talking) e strategie concrete di esposizione sistematica a stimoli avversi, è essenziale per un progresso non episodico ma strutturale. È in questo modo che si amplia la comfort zone, anche se, come detto, l’ampliamento di questa zona non è progressivo e lineare, ma, al pari di quello tecnico, soggetto a stalli, regressioni, scarti improvvisi.
Dall’incertezza a una ritrovata fiducia
Un percorso graduale che alterna sfida e supporto, comfort e discomfort, permette all’atleta di trasformare la paura in fiducia, l’atteggiamento difensivo in aggressività (da ad-gredior, “andare verso”, ma anche “avvicinarsi”, “intraprendere”). Creare situazioni di apprendimento strutturate in cui l’incertezza sia non negata, ma finalizzata al miglioramento, facilita il superamento di schemi di risposta reattivi e blocchi emotivi.
5. Conclusioni e applicazioni pratiche
- La paura nello sci alpino è un ostacolo solo se non viene intesa e integrata correttamente, oppure negata reattivamente. La formazione reattiva è un meccanismo di difesa in cui le persone esprimono il contrario dei loro sentimenti, a volte in misura abnorme.
- Strategie cognitive ed esposizione progressiva o massiva possono trasformare l’ansia, e con essa la paura, in un fattore di crescita. Si dice infatti che l’ansia, è un’evoluzione della paura: l’ansia da prestazione è di fatto correlata alla paura e alle sue molte accezioni.
- L’allenamento mentale e il rafforzamento di abilità metacognitive, unito a un approccio tecnico consapevole, è fondamentale per migliorare la performance e il benessere dell’atleta. Le skills mentali sono parte integrante della tecnica di un’atleta, e una buona tecnica consolida il mindset dell’atleta stesso.
Sviluppare competenze metacognitive ci permette di capire come pensiamo e apprendiamo, ovvero di osservare le operazioni mentali del pensiero e dell’affettività mentre si svolgono. L’intelligenza emotiva, e con essa quella operativa e strategica (Intelligenza Agonistica) sono figlie di questa abilità.
Affrontare la paura con un metodo strutturato consente all’atleta di acquisire maggiore sicurezza, migliorare le proprie capacità tecniche, il senso di autoefficacia percepita, tutelando quel divertimento che sostiene motivazione e pratica. Il piacere, infatti, è un’emozione cruciale per il benessere dell’atleta, in erba o evoluto che sia, e un antagonista dello stress, nei suoi effetti biochimici e prestativi.
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