di Enrico Clementi
Introduzione
Nel mondo dello sci alpino, il coaching mentale si rivela una risorsa fondamentale per lo sviluppo dell’atleta, non solo in termini prestativi ma anche educativi.
Se le attività di mental coaching “a secco”, svolte in palestra o in altri ambienti privi delle pressioni tipiche del contesto competitivo, si concentrano sull’acquisizione di tecniche di gestione mentale, l’intervento sul campo permette di trasferire conoscenze direttamente nel luogo in cui l’atleta vive le sue sfide più immediate. Questo approccio rende espliciti modalità, strumenti e obiettivi, favorendo lo sviluppo della metacognizione, ovvero della consapevolezza dei propri processi cognitivi ed emotivi, e rafforzando la sinergia tra atleta e allenatore.
L’articolo approfondisce il valore del coaching mentale sul campo, con un focus sul contesto innevato e sulle dinamiche che rendono questo contesto un vero e proprio “dispositivo pedagogico”: esistenziale, funzionale, emotivo, progettuale, metodologico, pragmatico ecc..
Il contesto innevato come “dispositivo pedagogico”
Lo sci alpino è uno sport che unisce complessità tecnica e condizioni ambientali mutevoli. Il contesto innevato, con le sue caratteristiche di fatto uniche e difficilmente replicabili in modo artificiale, richiede un’adattabilità immediata da parte dell’atleta, sia fisica che mentale.
Il contesto innevato nello sci alpino può essere inteso come un vero e proprio dispositivo pedagogico, in cui ogni ambiente svolge una funzione specifica nello sviluppo dell’atleta. L’apprendimento di base (la “nevicità” del SALT) rappresenta il primo contatto con la neve: un’esperienza immersiva che educa alla percezione del terreno, al controllo corporeo e all’adattamento alle variabili naturali, ponendo le basi tecniche e mentali per una relazione autentica con l’ambiente.
Il contesto d’allenamento, invece, è orientato alla costruzione delle abilità prestative attraverso la ripetizione, l’analisi tecnica e la sperimentazione guidata, in cui l’atleta sviluppa consapevolezza e resilienza mentale.
Infine, il contesto di gara spinge al consolidamento e all’espressione della performance sotto pressione, richiedendo una sintesi di competenze tecniche e una gestione ottimale dello stress e della concentrazione.
Questi tre ambiti, interconnessi (parliamo infatti di una “pedagogia degli ambienti educativi integrati”), sostengono un apprendimento situato che potenzia sia la crescita sportiva che quella personale dell’atleta.
Il ruolo del mental coach sul campo
Nel contesto innevato, il mental coach agisce come mediatore tra l’esperienza dell’atleta e gli obiettivi tecnici condivisi con l’allenatore. Le sue attività includono:
- Supporto al lavoro tecnico: collaborare con l’allenatore per allineare gli obiettivi tecnici con quelli mentali, favorendo un approccio integrato.
- Monitoraggio delle dinamiche emotive: rilevare in tempo reale eventuali segnali di ansia, frustrazione o distrazione, e loro cause, intervenendo con strategie mirate.
- Interventi situati: fornire strumenti pratici e immediati per migliorare il focus mentale, la gestione delle risorse e la capacità di adattamento.
- Goal setting: definizione di un piano d’azione progettuale condiviso (atleta, allenatore, dirigenza, famiglia) per sostenere la motivazione verso il raggiungimenti degli obiettivi. La definzione del Goal Setting include, nel nostro caso, l’Analisi dei Fattori di Rischio per la Prevenzione degli Infortuni.
Punti di forza dell’attività in contesto
- Presenza situata: Il coaching situato consente di intervenire nel momento stesso in cui si manifesta una difficoltà, aumentando l’efficacia delle strategie apprese.
- Osservazione diretta: La possibilità di leggere le reazioni e le relazioni dell’atleta in tempo reale favorisce interventi più precisi e personalizzati.
- Feedback immediati: Fornire indicazioni e rinforzi, anche preventivi (feedforward), durante o subito dopo l’esecuzione di un esercizio aiuta l’atleta a consolidare acquisizioni e progressi.
- Apprendimento esperienziale: L’integrazione tra azione e riflessione permette all’atleta di sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie dinamiche mentali.
- Rafforzamento della compliance coach-atleta: La condivisione partecipata delle esperienze – non solo narrata ma vissuta insieme – favorisce una relazione più solida e collaborativa tra coach e atleta, tra menta coach e allenatore, migliorando la motivazione e l’adesione agli obiettivi comuni.
Integrazione con il lavoro tecnico
Il valore del coaching mentale sul campo si esprime pienamente quando si integra con il lavoro tecnico dell’allenatore, che in un certo senso è il regista di questa azione. Alcuni esempi di questa sinergia includono:
- Routine pre-gara: strutturare insieme all’atleta e all’allenatore sequenze mentali che lo aiutino a entrare nella giusta condizione mentale.
- Simulazioni: utilizzare allenamenti specifici per preparare l’atleta a gestire situazioni di pressione simili a quelle di gara, o a quelle che comunque vengono percepite “scomode” dall’atleta (discomfort).
- Adattamento: aiutare l’atleta a mantenere il focus anche in condizioni climatiche o di pista sfavorevoli, trasformando l’imprevisto o l’errore in una sfida comunque costruttiva
- Feedforward: fornire all’atleta strumenti per anticipare le richieste della prestazione futura, orientando il movimento e il pensiero verso uno scenario ideale. (Cfr. Articolo cit. “Dal Feedback al Feedforward: Un Cambio di Paradigma nell’Allenamento dello Sci Alpino”)
Risultati e benefici per gli atleti
Grazie al coaching mentale sul campo, gli atleti possono ottenere:
- Maggiore consapevolezza delle proprie risorse mentali e del loro utilizzo in situazioni pratiche: visione orientata alla soluzione.
- Sviluppo di competenze metacognitive, essenziali per migliorare l’autonomia e la capacità di auto-regolazione.
- Incremento della fiducia, della resilienza e della capacità di adattamento, mentale e motorio (effetto priming).
- Una relazione più forte e partecipata con il team tecnico, basata sulla condivisione degli obiettivi e delle esperienze, ma anche e soprattutto delle metodologie.
Le sedute “a secco”, sia individuali (mental coaching) che di gruppo (mental training), diventano allora un’estensione del lavoro sul campo, e non viceversa, come invece accade nella norma.
Conclusioni e prospettive
Il coaching mentale sul campo rappresenta un valore aggiunto nello sviluppo dell’atleta di sci alpino, non solo per migliorare la performance, ma anche per promuovere una crescita personale più consapevole e abilità critiche costruttive.
Questo approccio educativo, che rende espliciti modalità, strumenti e obiettivi, permette agli atleti di trasformare ogni esperienza sul campo in un’opportunità di apprendimento. In prospettiva, sarebbe utile integrare maggiormente il coaching mentale nei programmi di allenamento delle categorie giovanili, valorizzando la sinergia tra staff tecnico e mental coach.
Il mental coaching, così inteso, si distingue per la sua dimensione progettuale (psico-educazionale), che va oltre il semplice obiettivo prestativo, pur condizionandolo in modo positivo. La capacità di riflettere sulle proprie esperienze, comprenderle e utilizzarle per migliorare e “imparare ad apprendere” rappresenta una peculiarità fondamentale del coaching psico-educativo, che mira a rendere l’atleta protagonista consapevole delle proprie scelte e del proprio percorso di sviluppo.[1]
Articoli correlati: Cosa può fare (e cosa no) il mental coach a bordo pista (Scimagazine, dicembre 2021), di E. Clementi
Dal Feedback al Feedforward: Un Cambio di Paradigma nell’Allenamento dello Sci Alpino (su questo stesso sito), di E. Clementi
[1] Esiste una differenza tra i termini psico-educativo e psico-educazionale, sebbene spesso siano usati come sinonimi in contesti pratici. Psico-educativo: si riferisce principalmente a interventi o approcci che combinano principi psicologici ed educativi. Ha un focus più orientato al processo, alla relazione tra apprendimento e sviluppo personale o sociale, e al potenziamento di competenze cognitive, emotive e comportamentali in vari contesti (educazione, formazione, coaching). Si concentra quindi sull’intervento diretto e pratico. Psico-educazionale: tende a essere usato in contesti più accademici o istituzionali, spesso riferendosi alla progettazione di programmi educativi con una base psicologica, come curricoli scolastici, modelli formativi o interventi sistemici nelle scuole. Ha un’accezione più formale, legata alla struttura e ai metodi educativi in sé.