Prendo spunto dalla frase di Benasayag della Home, per constatare che oggi, la “sofferenza esistenziale” è colonizzata dalla sofferenza patologica – è qui il divario tra scienze mediche ed educazione.
Chiamo “sofferenza esistenziale” il modo in cui ognuno di noi sperimenta, presto o tardi, il fatto di essere limitato: limitato come genitore, come figlio, nei propri comportamenti o nella propria morale, ma anche come gruppo, come società.
Ora, la credenza attuale – scientista ed economicista – privilegia invece l’idea di una potenza che non conoscerebbe battute d’arresto o forze avverse, e considera ogni limite come qualche cosa da superare o abbattere.
Attraverso un immaginario assolutamente confuso, che mescola longevità, prestanza fisica, successo professionale, benessere economico, felicità in ambito familiare ecc., non smettiamo di ricercare soluzioni al senso di inadeguatezza che pure sperimentiamo.
Non si prevede che io possa sperimentarmi limitato e vivente, ma solo che, soffrendo dei miei limiti, mi adoperi per “funzionare meglio” e contenere gli effetti della sofferenza stessa.
Ciò che, in educazione, è considerata “sofferenza esistenziale”, ovvero lo sperimentarci ad un tempo potenti e limitati, diventa quindi per la socità un problema tecnico, “sofferenza patologica”.
Il mio approccio formativo, l’educazione che ho in mente, tengono conto di questa variabile e adottano una prospettiva complessa di realizzazione; che coniuga il “funzionare” all’esistere, le abilità strategiche al “saper essere” e divenire.
Target e attività in: Contesti formali, Contesti non-formali, Attività educative e progettazione sociale
Enrico Clementi – Educatore, Formatore, Consulente e Trainer educativo