La camera ha approvato la proposta di legge, presentata dall’intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, che inserisce le competenze “non cognitive” [sic.] all’interno della didattica – al link il Testo https://www.orizzontescuola.it/competenze-non-cognitive-il-testo-sul-nuovo-metodo-didattico-casa-m5s-un-seme-dinnovazione-della-scuola-italiana/
Chi si occupa di educazione in modo professionale e ancora più di aspetti prestativi, nello sport ma non solo, non può che plaudire a questa iniziativa, che passa ora all’esame del Senato.
La proposta di legge introduce, a partire dal prossimo anno scolastico e per scuole di ogni ordine e grado, l’avvio di una sperimentazione nazionale triennale per attività finalizzate allo sviluppo delle competenze extradisciplinari, le c.d. Life Skills. Ossia quelle abilità che portano a comportamenti adattivi efficaci e che rendono la persona capace di gestire aspetti relazionali-sociali, affettivo-emotivi e professionali.
Alcuni commentatori, a ragione, fanno notare che ancorché definite in modi diversi, le competenze alle quali si fa riferimento nella proposta attengono all’educazione, e occuparsi di esse significa semplicemente portare la pedagogia e le scienze dell’educazione nella scuola. Parlare quindi di “nuovo metodo didattico” desta stupore: da sempre la pedagogia si occupa di educĕre (“trarre fuori”); ovvero di facilitare l’emergere, nel discente, di attitudini, caratteristiche, abilità specifiche, per sostenerle e potenziarle.
Flessibilità mentale (“intelligenza fluida”), pensiero divergente, stabilità emotiva, capacità critiche e di argomentazione, capacità assertive, di problem solving ecc. sono abilità, che inoltre non attengono solamente all’emotivo, ma anche al cognitivo e al metacognitivo: monitoraggio dei processi interni ed esterni.
È evidentemente una partizione didattica quella tra emotivo e cognitivo che, se presa alla lettera, rischia di essere assolutamente riduttiva e fuorviante; separando, erroneamente, istruzione ed educazione, conoscenze e competenze, ambienti formali, non-formali e informali.
Ho già focalizzato questa distorsione proponendo l’idea di pensare gli ambienti educativi e quindi le pratiche in modo “integrato”: parlare di “competenze non cognitive”, come altre e distinte da quelle cognitive e metacognitive, equivale a riproporre una separazione nei fatti impropria. Cfr. https://enricoclementi.it/ambienti-educativi/
In questo senso va rovesciata l’impostazione metodologica dominante, in cui il movimento va dal formale (la scuola) al non formale e all’informale e non viceversa.
“E’ ancora il formale con le sue regole didattiche, linguistiche, contenutistiche, tecniche che ingloba, seleziona, organizza e orienta a fini istruttivi il non formale e l’informale e non sono invece le esperienze costruite nelle relazioni sociali della vita quotidiana e soprattutto le pratiche produttive di artefatti culturali e simbolici a dare senso personalizzante ed empatico a conoscenze, abilità e competenze da condividere e sviluppare insieme per un progetto educativo comune” (Galliani 2010).
Svolgo formazione sulle competenze non cognitive in ambienti formali e non- formali. Per richieste e attività v. pagina dedicata: Formazione scolastica: aggiornamento docenti sulle “competenze non cognitive”