[…] è più utile lavorare sui processi interni dell’atleta, sulla sua identità, che su tecniche specifiche finalizzate a sviluppare abilità particolari; partendo dall’ipotesi – costruttivista – che l’identità personale è costruita attivamente dal soggetto stesso.
L’articolo ripropone, in formato digitale, un articolo apparso la scorsa stagione su Rivista Scimagazine in formato cartaceo (n. 45, 15/03/2022) e descrive il modo in cui il mental coaching è inteso in ambiente agonistico e in federazione.
Ad essere riportati sono dati empirici e di ricerca, dai quali deriviamo che il mentale, in ambiente federale, è gestito su base discrezionale (è l’atleta a richiedere o a cercare un supporto di questo tipo), o là dove si è di fronte, sul piano dei comportamenti e prestativo, a difficoltà manifeste dell’atleta non diversamente gestibili dall’allenatore.
Ci è difficile pensare che tappe quali l’Imparare ad allenarsi, l’Allenarsi all’allenamento, l’Allenarsi a competere e a maggior ragione l’Allenarsi a vincere – tutte tappe previste dal modello SALT della FISI-STF – possano essere raggiunte e gestite senza un bagaglio che, oltre alla preparazione specifica e a quella atletica, non abbia previsto una preparazione mentale non sporadica o discrezionale, ma sistematica.
L’articolo, a partire da una Premessa di tipo descrittivo, si articola:
- sviluppando il rapporto tra Sci alpino e allenamento mentale,
- definendo Finalità e obiettivi verso i quali convergere come mental coach, allenatori, dirigenti, organizzazioni,
- leggendo criticamente i dati di una ricerca del Friuli-Venenezia Giulia, che mette in evidenza i nodi che rallentano un’azione di sistema nella direzione auspicata: Trasferibilità di un modello di studio e ricerca
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