Genitori e agonismo nello sci alpino: tra supporto, coinvolgimento e aspettative

Genitori e agonismo nello sci alpino: tra supporto, coinvolgimento e aspettative

di Enrico Clementi

Il ruolo dei genitori nell’agonismo sportivo

Un aspetto fondamentale, ma a lungo inesplorato fino alla fine degli anni Novanta, è il rapporto tra allenatore, atleta e genitore. Questo legame dovrebbe costituire un sodalizio educativo, capace di sostenere nell’agonismo la crescita del giovane atleta.

All’interno di uno sci club, il rapporto con le famiglie è essenziale per gli allenatori e i dirigenti. Lo sci club è una realtà complessa, dove diversi interessi e punti di vista si intrecciano e a volte confliggono in modo irriflesso.

Possiamo analizzare questa dinamica da quattro angolazioni principali: quella dirigenziale (dirigenza e direzione tecnica), degli allenatori, degli atleti e dei genitori. Sebbene il beneficiario finale dell’attività agonistica sia l’atleta, il beneficiario intermedio è la famiglia, che gioca un ruolo cruciale nel percorso sportivo del giovane.

La collaborazione tra allenatori e genitori: un aspetto critico

Secondo alcuni studi (Mantegazza, 1999), l’allenatore dovrebbe collaborare attivamente con i genitori, che non possono essere esclusi dai processi decisionali legati alla crescita sportiva del figlio. Tuttavia, questa collaborazione rappresenta ancora oggi una sfida: servono tempi, risorse, professionalità, a livello organizzativo, per costruire un dialogo efficace.

Sul piano comunicativo, è essenziale promuovere lo scambio di idee piuttosto che relazioni fortemente asimmetriche, che generano incomprensioni. Problemi sorgono quando le regole domestiche e quelle sportive, sono divergenti, o quando le aspettative genitoriali impattano negativamente sulle emozioni dell’atleta.

Uno studio ha dimostrato che la presenza di entrambi i genitori aumenta l’ansia precompetitiva, soprattutto nelle ragazze e negli sport individuali (Bois et al., 2009). D’altro canto, la loro assenza non riduce necessariamente l’ansia, ma può facilitare una migliore elaborazione emotiva della gara.

L’importanza di un equilibrio relazionale

Lo spazio tra genitori e sci club, che definiamo “mesosistema” (Bronfenbrenner, 1979), ossia sistema di microsistemi, è un’area interattiva che può favorire una corresponsabilità educativa tra dirigenti, allenatori, genitori e atleti. Questo spazio è fondamentale per lo sviluppo di:

  • autostima e percezione di sé;
  • autoefficacia percepita;
  • comprensione e condivisione delle regole;
  • capacità critica e di lettura dei contesti;
  • intelligenza emotiva;
  • autonomia personale e sportiva.

L’attenzione eccessiva al risultato sportivo può portare a comportamenti disadattivi, riducendo la motivazione e aumentando il rischio di abbandono precoce. Non è il cronometro in sé a essere problematico, ma il modo in cui viene interpretato: l’enfasi esclusiva sul tempo di gara può oscurare il valore dell’esperienza sportiva complessiva.

Inoltre, obiettivi di risultato, pure importanti, rischiano di mettere in secondo piano obiettivi di processo, senza i quali i precedenti saranno difficilmente raggiungibili. Non si può vincere, se non si è allenati a competere, e non si può competere se non si ha un atteggiamento o un modo di porsi funzionale davanti alle sfide e agli eventi (Mindset).

Il coinvolgimento genitoriale: un continuum tra supporto e pressione

Esiste una “zona ottimale” di coinvolgimento dei genitori nell’agonismo? Secondo Hellstedt (1987; 2005), i genitori si situano lungo un continuum che va dal sotto-coinvolgimento al sovra-coinvolgimento. Un equilibrio moderato è ideale: il disinteresse può essere percepito come una mancanza di supporto, mentre un’eccessiva pressione può compromettere la crescita del giovane.

Altri modelli, come quello di Grenfell e Rinehart (2003), distinguono tra genitori supportivi e genitori “cospicui”, ossia coloro che utilizzano lo sport per affermare il proprio status o la propria competenza. La professionalizzazione precoce dei figli, tramite investimenti in attrezzature o esposizione mediatica, può privarli di esperienze essenziali per il loro benessere psico-fisico (Domingues & Gonçalves, 2013).

Profili di genitori nell’agonismo sportivo

Per comprendere meglio il proprio ruolo, genitori e staff possono confrontarsi con alcune tipologie di comportamento:

  1. Il genitore guidato dalle emozioni

Vive lo sport attraverso il figlio, sincronizzandosi con le sue emozioni. L’euforia o la frustrazione del bambino diventano le sue. Questo approccio può generare confusione e ansia nel giovane atleta. Per migliorare la relazione, si può lavorare sull’educazione emotiva dell’atleta, affinando la capacità di gestione delle vittorie e delle sconfitte (Martens, 2012).

  • Il genitore focalizzato sul risultato

Dà grande importanza ai risultati e può esercitare pressioni eccessive. Confronta le prestazioni del figlio con quelle altrui, monitora statistiche e critica l’organizzazione. È essenziale aiutarlo a comprendere che la crescita sportiva è un processo a medio-lungo termine, basato su prestazioni solide e non solo sui risultati immediati.

  • Il genitore esperto o veterano

Avendo esperienza diretta nel mondo dello sport, può fornire spunti utili, ma anche trasferire aspettative personali sul figlio. Il miglior approccio con questo genitore è valorizzarne le competenze, costruendo un dialogo orientato al miglioramento del gruppo e non solo del singolo atleta.

  • Il genitore assente o disinteressato

Questo genitore partecipa poco o nulla alla vita sportiva del figlio, non assistendo agli allenamenti o alle gare e mostrando scarso interesse per i suoi progressi. La mancanza di coinvolgimento può derivare da motivi di tempo, scelte educative o semplice disinteresse, ma per il giovane atleta può essere interpretata come una carenza di supporto emotivo. Per favorire un coinvolgimento equilibrato, si possono creare occasioni di confronto informale e offrire strumenti pratici per aggiornare il genitore senza richiedere un impegno eccessivo.

  • Il genitore iperprotettivo

Spinto da un forte senso di responsabilità, il genitore iperprotettivo vorrebbe evitare qualsiasi difficoltà o rischio per il figlio, intervenendo spesso per “difenderlo” da sfide sportive o relazionali. Sebbene l’intento sia positivo, questo atteggiamento può limitare l’autonomia dell’atleta e impedirgli di sviluppare resilienza e capacità di adattamento. Per aiutare questi genitori, è utile educarli sull’importanza di lasciare spazio al giovane, spiegando che affrontare le difficoltà è una parte essenziale della crescita.

  • Il genitore manager o stratega

Vede l’attività sportiva del figlio come un vero e proprio investimento, gestendola in modo strategico con l’obiettivo di ottenere risultati a lungo termine. Questo genitore organizza allenamenti, pianifica competizioni e monitora costantemente i progressi del figlio, spesso esercitando pressioni indirette sulle sue scelte. Sebbene la programmazione sia utile, è fondamentale aiutarlo a bilanciare ambizione e benessere, per evitare che lo sport diventi fonte di stress anziché di crescita personale.

  • Il genitore ipercoinvolto

Entusiasta e appassionato, questo genitore vive le gare del figlio con grande intensità, talvolta, interferendo con il lavoro degli allenatori. Se da un lato il suo supporto è positivo, dall’altro rischia di generare pressione eccessiva, trasformando ogni competizione in un banco di prova emotivo. Per gestire questo coinvolgimento, è importante aiutarlo a riconoscere il valore educativo dello sport, ponendo confini chiari tra il ruolo del genitore e quello dell’allenatore.

Questi profili, ovviamente, sono solo indicativi e spesso un genitore può rientrare in più categorie, o attraversare diverse fasi a seconda dell’evoluzione sportiva del figlio.

Verso una collaborazione efficace

Anziché etichettare i comportamenti dei genitori come positivi o negativi, è importante riconoscere la complessità del loro coinvolgimento. Il supporto genitoriale può favorire la motivazione e la crescita, ma può anche essere fonte di ansia e pressione (Harwood & Knight, 2015). Può inoltre funzionare da filtro tra le esperienze dirette dell’atleta e la loro valutazione, propria o meno che sia, in termini di protettività eccessiva.

Molti club impongono codici di comportamento ai genitori, ma questa strategia ha mostrato limiti evidenti. Piuttosto che regolamentare rigidamente il loro ruolo, è preferibile creare percorsi formativi, sia di gruppo che individuali, per aiutarli a comprendere:

  • il loro ruolo nella crescita sportiva del figlio;
  • la gestione delle aspettative;
  • l’importanza della comunicazione e del feedback;
  • la preparazione mentale, ma anche culturale sportiva e strategica, in situazioni d’allenamento e di gara.

Favorire il confronto e il dialogo permette ai genitori di agire un supporto reale e positivo, creando un ambiente sportivo sano e stimolante per tutti. Certamente gli sci club debbono permettere tale confronto e investire in formazione, sviluppando progetti trasversali di tipo educativo rivolti a giovani e famiglie.

[…] per attività di supporto (mental coaching) e altre formative v. alla pagina Contatti

Per un’accezione ampia del “mentale” nello sci alpino e tale da ricomprendere l’aspetto della cultura agonistica leggi:  “Il mentale nello sci alpino secondo Enrico Clementi: questioni aperte e prospettive”, Scimagazine, marzo 2022

Approfondimenti

Bois, J. E., Lalanne, J., & Delforge, C. (2009). The influence of parenting practices and parental presence on children’s and adolescents’ pre-competitive anxiety. Journal of Sports Science & Medicine, 8(2), 171-179.

Bronfenbrenner, U. (1979). The Ecology of Human Development: Experiments by Nature and Design. Harvard University Press.

Deci, E. L., & Ryan, R. M. (2002). Handbook of Self-Determination Research. University of Rochester Press.

Domingues, M., & Gonçalves, C. E. (2013). The role of parents in talented youth sport. Does parental involvement enhance or undermine performance and well-being? Journal of Sports Psychology, 22(1), 101-110.

Grenfell, R., & Rinehart, R. (2003). Skating on thin ice: Parents, kids and sports. International Review for the Sociology of Sport, 38(3), 315-334.

Harwood, C. G., & Knight, C. J. (2015). Parenting in youth sport: A position paper on parenting expertise. Psychology of Sport and Exercise, 16, 24-35.

Hellstedt, J. C. (1987). The coach/parent/athlete relationship. The Sport Psychologist, 1(2), 151-160.

Hellstedt, J. C. (2005). Parental involvement in youth sports: Developmental and systemic considerations. In M. R. Weiss (Ed.), Developmental sport and exercise psychology: A lifespan perspective (pp. 133-160). Fitness Information Technology.

Hyman, M. (2009). Until It Hurts: America’s Obsession with Youth Sports and How It Harms Our Kids. Beacon Press.

Kriegel, L. (2007). Playing for Keeps: A History of Early Baseball. Harvard University Press.

Lauer, L., Gould, D., Roman, N., & Pierce, M. (2010). Parental behaviors that affect junior tennis player development. Psychology of Sport and Exercise, 11(6), 487-496.

Martens, R. (2012). Successful Coaching (4th ed.). Human Kinetics.

Ronglan, L. T., & Havang, O. (2011). Coaching and parental involvement in youth sport: A balancing act. Scandinavian Sport Studies Forum, 2, 55-73.

Smoll, F. L., Cumming, S. P., & Smith, R. E. (2011). Enhancing coach-parent relationships in youth sports: Increasing harmony and minimizing hassle. International Journal of Sports Science & Coaching, 6(1), 13-26.